Il monitoraggio della minaccia è un processo di pensiero che consente di porre un’attenzione mirata e costante su eventuali segnali di pericolo presenti nell’ambiente. Si tratta di una strategia di origine adattiva nonché un meccanismo di sopravvivenza alquanto comune nelle persone con disturbi d’ansia e con tratti paranoidi; se attuata in maniera ingiustificata o eccessiva può diventare disfunzionale poiché tende a mantenere uno stato di ipervigilanza volto a ostacolare la vita di tutti i giorni.
ORIGINI E FUNZIONE
Il monitoraggio della minaccia è un elemento importantissimo a fronte di reali circostanze di pericolo: ritrovarsi ad esempio in un luogo isolato e monitorare l'ambiente circostante per verificare l’assenza di minacce è una risposta utile. Tale processo offriva infatti, ai nostri antenati, maggiori probabilità di sopravvivere. Se presente però in caso di contesti sicuri, come sul posto di lavoro o nel corso di un incontro tra amici, può trasformarsi in una strategia maladattiva, dare vita a relazioni sociali disfunzionali e generare ansia, tensione fisica e sintomi dolorosi.
Esempio: preoccuparsi costantemente che qualcuno stia complottando contro di noi può rendere equivocabile un commento casuale e farlo percepire alla stregua di una critica personale. Anche un semplice sguardo non intenzionale può essere percepito come "prova" della minaccia, in un clima di sospetto e stress.
DISTURBI PSICOLOGICI
Il monitoraggio della minaccia è dunque un fattore chiave in diversi disturbi psicologici, quali ad esempio:
Disturbo d'Ansia Generalizzato (DAG): chi ne soffre risulta tendenzialmente ipervigile verso possibili eventi futuri catastrofici: un genitore, osservando i figli giocare ha paura possano farsi male anche in contesti protetti come un parco recintato.
Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC): il monitoraggio della minaccia può, in questo caso, manifestarsi mediante controlli reiterati nel tempo e rituali che inducono a verificare continuamente, ad esempio, che le porte di casa siano ben chiuse nel timore di un’intrusione domestica nonostante vi sia la dimostrazione dell’esatto contrario.
Tratti Paranoidi o Disturbo di Personalità Paranoide: il monitoraggio della minaccia è pervasivo e alimentato dalla convinzione che gli altri ci siano ostili; un ritardo nella risposta a un messaggio può essere interpretato come un segno di disapprovazione o cospirazione, generando un circolo vizioso di sospetto.
EFFETTI A LUNGO TERMINE
Quando il monitoraggio della minaccia diventa cronico può avere ingenti conseguenze, del tipo:
Sovraccarico emotivo: la costante attenzione ai segnali di pericolo può aumentare lo stress e ridurre la capacità di rilassamento.
Relazioni compromesse: il sospetto continuo verso gli altri può isolarci socialmente, riducendo la qualità delle relazioni.
Bias percettivi: l’individuo può interpretare i segnali neutrali come minacciosi, rafforzando schemi di pensiero disfunzionali.
Esempio: immaginiamo una persona con monitoraggio della minaccia eccessivo che, durante una riunione di lavoro, nota due colleghi parlare tra loro sottovoce; tale circostanza porterà il soggetto a interpretare il gesto come una critica al proprio operato, inducendolo a evitare il confronto e a rimuginare sui propri eventuali possibili errori, aumentando lo stress e compromettendone la produttività.
TERAPIA METACOGNITIVA
La terapia metacognitiva (MCT) identifica il monitoraggio della minaccia come parte della Sindrome Cognitivo-Attentiva (CAS), modello che include rimuginio, ruminazione e strategie di coping disfunzionali. La MCT si concentra sul modificare le credenze metacognitive che sostengono questi comportamenti.
Molte persone pensano che monitorare costantemente le proteggerà dal pericolo. Per questa ragione la terapia mira a:
Ridurre la necessità percepita di monitorare.
Sviluppare una tolleranza verso l'incertezza.
Insegnare che evitare l’ipervigilanza non aumenta il rischio di pericoli reali.
Esempio: una persona potrebbe imparare a distinguere tra minacce reali e percepite, attraverso esercizi pratici come osservare situazioni sicure senza cercare segnali di pericolo, aiutandolo a sperimentare che il rischio percepito non porta a conseguenze negative.